Set 23, 2014 | Effetti musicali |
IL M.I.D.I. Che cos’è? Il MIDI (acronimo di Musical Instrument Digital Interface) è il sistema che rende possibile l’interazione tra strumenti musicali elettronici (computer compreso). Recentemente viene utilizzato anche da apparecchiature dedicate all’automazione di luci negli spettacoli o al sincronismo per applicazioni audio/video. Sostanzialmente è costituito da due caratteristiche tecniche: una hardware e una software. Le prime comprendono il tipo di cavi, e di conseguenza il collegamento fisico tra due o più unità. Ogni strumento MIDI ha infatti un ingresso (IN), un’uscita (OUT) e una porta THRU, che permette di collegare altre apparecchiature in serie, ampliandone così l’utilizzo (anche a più di due unità). Il segnale viene così trasmesso dalla porta OUT all’ingresso IN dell’apparecchiatura ricevente. Poi passa attraverso la porta THRU per essere condiviso da altri strumenti. Eccone una rappresentazione. Le caratteristiche o specifiche software, invece, sono costituite da un protocollo che ne determina il linguaggio, cioè i codici con cui i vari device comunicano. Cerchiamo di capire com’è nato tutto ciò. Facciamo un passo indietro. Il protocollo MIDI nasce all’inizio degli anni Ottanta, esattamente nel 1981 e ha come scopo quello di far comunicare strumenti musicali di marche diverse tra loro. Fu per questo che tutti i produttori di strumenti musicali (da Roland, a Yamaha, Kawai, Korg e molti altri) accettarono di unirsi. Fondarono la IMA (International MIDI Association) nel 1985, istituendo così quel famoso protocollo che ancora oggi viene utilizzato e a cui tutti i produttori di strumenti musicali con implementazione MIDI devono attenersi. Una delle caratteristiche più importanti del MIDI è il fatto di essere multicanale. Questo, come potete già intuire, permette di gestire...
Ago 2, 2014 | Effetti musicali |
di Lorenzo Sebastiani Ciao, Il Vibrato è un effetto di cui si parla davvero tanto, è entrato nel linguaggio comune. Si tratta di un effetto simile al tremolo, ma invece di modificare l’intensità verrà modificata l’intonazione in maniera periodica. Tecnicamente si tratta di una “modulazione di frequenza”. In natura questo effetto si ottiene facilmente dagli strumenti a corde, gli archi, gli ottoni e molto spesso anche dai cantanti, i quali producono il vibrato con un movimento oscillatorio dell’ugola o del diaframma. Rende più gradevole l’ascolto di note lunghe, spesso di alta intonazione, rendendole più morbide. Viene anche utilizzato negli organi hammond o in altri strumenti come la chitarra elettrica. Tecnicamente è costituito da un filtro LFO collegato a un variatore di intonazione (“Pitch Shift”). Anche in questo caso, come nel tremolo, è possibile modificare la forma d’onda (sinusoidale, quadra , ecc.. ) la frequenza di intervento e la quantità di variazione di intonazione. Un tipo particolare di vibrato è il “Leslie”, solitamente utilizzato per creare questo effetto negli organi Hammond. Si tratta di un sistema di altoparlanti rotanti, in grado di creare un piccolo effetto Doppler, sufficiente per dare vita a quella modulazione di frequenza necessaria per il vibrato. Il primo “leslie” fu inventato negli anni Cinquanta e serviva a dare spazialità e mobilità al suono di questo organo (di base ricco di onde stazionarie e con un suono molto statico e poco dinamico). Ne esistono di diversi modelli, ognuno dei quali con caratteristiche e suono diverso. E a proposito di vibrato, lo sapevi che ho recentemente scritto un libro dove tratto questi...
Giu 9, 2014 | Effetti musicali |
Che cos’è? Una o più ripetizioni del segnale originale si sommano ad esso creando un effetto molto interessante e musicalmente molto utilizzato: il “delay”. Ne esistono di diversi tipi, ognuno dei quali genera effetti differenti. Originariamente i primi delay erano costruiti con dei nastri magnetici, esattamente come quelli che si utilizzavano per registrare. Mentre il nastro scorreva una testina scriveva e una leggeva quello che era stato scritto (registrato) dalla testina precedente. Il tempo che impiegava il nastro dalla prima alla seconda testina determinava il ritardo (delay). Questo ritardo, sommato poi al suono originale dava forma ai primi tipi di “echo” (utilizzati negli anni 50). Ecco una figura che lo rappresenta (fig.1). Figura n.1 L’inventore di questo effetto fu Les Paul (lo stesso che inventò la celebre chitarra Gibson). Questo genere di delay, chiamato “tape delay”, era in voga negli anni passati, caratterizzando il suono di molti artisti di quel periodo. La sua caratteristica principale era avere una sola ripetizione e molto vicina al suono originale (cioè con un ritardo relativamente breve). Era molto difficile però impostare il tempo di delay (quello che oggi viene definito “Delay time”), l’unico modo era quello di variare la velocità di rotazione del nastro magnetico. Successivamente vennero inventati altri modelli, uno tra tutti “l’echoplexers”, utilizzato tantissimo negli anni settanta. La sua caratteristica principale era quella di avere un anello di nastro che girava continuamente senza avere il problema di finire il nastro come succedeva nei primi modelli. Questo “loop” (anello) di nastro girava in continuazione facendo in modo che l’effetto non si interrompesse mai. Negli anni Ottanta, con l’avvento del digitale, i delay...
Mag 20, 2014 | Effetti musicali |
L’effetto “chorus” , come si può facilmente intuire dalla parola stessa tende a simulare l’effetto di un coro, arricchendo il suono originale attraverso la somma di tante copie di esso leggermente ritardate tra di loro e con variazioni di intonazione rispetto al suono principale. In effetti, quello che avviene all’interno di un coro di voci è proprio questo… Non tutte le voci avranno la stessa intonazione e lo stesso timbro e soprattutto non tutte le voci canteranno perfettamente a tempo tra di loro. Per quanto perfetto e intonato sia un coro la sua caratteristica principale è proprio dovuta allo sfasamento tra le componenti che lo compongono. Questo porta ad avere un suono di insieme (detto anche “ensemble”) che si differenzia da una voce singola, proprio per la sua ricchezza timbrica. Un fattore dato dalle piccole differenze tra i vari elementi. Questo è quello che succede nell’effetto “chorus”. Il segnale originale viene duplicato in diverse copie, ognuna delle quali verrà successivamente alterata di intonazione e di tempo rispetto all’originale. Il cambio di intonazione avviene attraverso un fenomeno tecnicamente chiamato “effetto doppler”. Questo è quello che succede se si crea un ritardo variabile nella “seconda voce” rispetto all’originale. Si avrà un cambio di intonazione variabile (l’effetto è simile a quello di una sirena che passa, un vero e proprio sfasamento di intonazione). Per creare un ritardo variabile, o meglio, oscillatorio viene applicato un filtro LFO al Delay così come si può vedere dalla figura 1: Questo è il diagramma di un singolo canale. Solitamente all’interno di un chorus ne esistono molti altri, così come un coro è formato da più voci...